giovedì 18 luglio 2013

La nostra visita al Centro di appoggio per donne e bambini (Ceadmun) di Puno




Il giorno 16 luglio io e Silvia abbiamo avuto la possiiblita' di visitare la sede Ceadmun di Puno, dove ci hanno accolte a braccia aperte, e con colazione e caffe', Aymee e Mirta, le due socie che lavorano a tempo pieno per mandare avanti le attivita' dell'organizzazione. 

Ceadmun (Centro de Apoyo al desarrollo de la mujer y el niñoe' un'organizzazione  senza fini di lucro che lotta dal 1993 per garantire visibilita' alla questione della violenza e discriminazione di genere nei confronti delle donne nella regione di Puno. 
L'intento e' quello di favorire una concreta uguaglianza tra i due sessi e potenziare l'indipendenza femminile, soprattutto dal punto di vista economico, attraverso progetti di micro-credito. Ceadmun inoltre realizza campagne di informazione sulle tematiche di genere e su tali tematiche, svolge ogni giovedi mattina un programma radiofonico, su Radio Pachamama (qui di seguito, una foto durante la trasmissione).


La trasmissione radiofonica e' stata scelta da Aymee, esperta in comunicazione sociale, come mezzo comunicativo piu' adeguato per mandare messaggi alle donne della regione, estremamente rurale ed a maggioranza campesina (contadina). 
Qui le donne dipendono in larga parte dai mariti, soprattutto dal punto di vista economico. Questo le porta ad accettare passivamente delle situazioni di violenza estrema, sia dal punto di vista psicologico che fisico. Basti pensare che degli oltre 500 casi di femminicidio che si registrano ogni anno in Peru', le percentuali maggiori si sono registrate nella Lima metropolitana e nella regione di Puno. Una cifra enorme: basti pensare che in Italia, con una popolazione di 60 milioni di persone, si sono registrati circa 125 casi nel 2012, mentre il Peru' ne ha registrati 500 con 29 milioni di abitanti. 

Non si parla solo di omicidi, ma piuttosto di una violenza strutturale che vede le donne sottoposte ad una discriminazione quotidiana, soprattutto nelle regioni rurali, come quella in cui ci troviamo.

La scorsa settimana e'  iniziata con la notizia sui giornali di una giovane donna violentata, uccisa e abbandonata sul ciglio della strada: 17 anni. Il giorno seguente, a Caracoto e' circolata la notizia del ritrovamento del corpo di un'altra giovane donna al Mirador sopra la collina. Una posizione strategica, sopra la discarica: una sola strada sterrata, senza luci, con scarsa visibilita'. 17 anni anche lei. 
Queste notizie sono purtroppo parte della quotidianita' di questo luogo. Lo sono tanto quanto le donne che raccontano dei mariti ubriachi che tornano a casa e le picchiano. Lo sono tanto quanto la piccola Melody che corre per le strade del paese a cercare suo papa', che dopo aver picchiato la mamma e' andato a bere in una tienda

Da questa quotidianita' e' nata la scelta di Aymee e Mirta di affidare le proprie vite a questa causa. Una lotta sicuramente non facile, anche perche', come hanno loro stesse sottolineato, la discriminazione nasce in primis nelle nostre (di donne) teste: diventiamo le peggior nemiche di noi stesse, convinte di non potercela fare. Spesso, troppo spesso, le donne vittime di abusi che si rivolgono al centro, tornano nelle loro case, per paura di ripercussioni o di non riuscire a mantenere se stesse e i propri figli.

Per questo, Ceadmun offre programmi di microcredito (fino a 700 soles) per garantire a queste donne la possibilita' di cominciare una loro piccola attivita': un banco, una tienda. Oppure, come le 18 volenterose che abbiamo avuto la fortuna di conoscere nel pomeriggio, un comedor popolare. Un modo per essere indipendenti economicamente, ma anche crearsi uno spazio proprio al di fuori della famiglia.

Queste sono le donne che mandano avanti le famiglie ed il paese, le donne a cui non e' stato permesso di studiare, non sentendone la necessita' ne' l'utilita'; le donne che si sono sposate giovanissime, spesso spinte dalle proprie famiglie; le donne che non hanno potuto scegliere o pianificare le proprie famiglie; le donne che abbassano la testa di fronte alle movenze brusche del marito ubriaco; che portano in spalla i figli mentre lavorano al freddo o sotto il sole, nel campo o al mercato. Le stesse donne che ritrovi in un comedor popolare che fanno la calza e parlano in quechua, con i loro sombreri e cappellini e le gonne ampie e colorate, e ti fanno sentire a casa. Anche questo e' il lavoro del Ceadmun: ridare loro la dignita' di donne, madri, cittadine, e accompagnarle durante il percorso. 

Tra i loro progetti, la costruzione di una casa-albergue per donne vittime di violenza: una struttura che, qualora finanziata, possa ospitare circa 20 donne e i loro figli, in maniera non asettica ma inclusiva, facendole sentire a casa e offrendo un appoggio psicologico e una formazione professionale. Che possa insomma creare per loro un'opportunita' di riscatto dagli abusi del proprio passato.

Per seguire il lavoro di Ceadmun basta accedere tramite facebook al seguente link:


Valeria





sabato 13 luglio 2013

Ollachea e la Casa Hogar Estudiantil

In questi giorni di fine giugno mi sono recata in visita ad un altro progetto, dopo aver concluso i laboratori sull'ambiente, ho salutato i bambini di Caracoto e mi sono presa qualche giorno di “vacanza”, più che altro per cambiare aria e conoscere anche altre realtà. Il momento più bello prima della partenza è stato il saluto alla quarta, la classe a cui di sicuro mi sono affezionata di più! Mi hanno detto parole bellissime, auguri per la partenza, ringraziamenti per il lavoro svolto insieme e tanti baci e lunghissimi abbracci... Devo dire che mi è dispiaciuto veramente, ma dopo due mesi senza muoversi quasi per nulla da Juliaca sentivo il bisogno di conoscere altro e questa volta il cambio è stato davvero drastico! Grazie ad un amico di padre Manuel, padre anche lui, detto “il turco” anche se in realtà argentino, sono venuta a conoscenza di questo progetto, una “casa-hogar” per adolescenti e visto che stavamo programmando di andare nella selva e il posto si trovava proprio a metà strada ho deciso di fare questa tappa, separandomi dai miei compagni-colleghi volontari. Sono partita in compagnia di uno dei responsabili del progetto, Davìd, che però insieme al turco vive a Juliaca, dove gestiscono due case per studenti universitari, una maschile e una femminile. Abbiamo preso un pullman per Macusani, arrivando a sfiorare i 5000 metri di altitudine, senza che ormai mi dia alcun fastidio, e poi da lì abbiamo iniziato la discesa verso Ollachea, in mezzo a montagne sempre più verdi e a strapiombi vertiginosi. Pensavo di dover ancora arrivare, mi aspettavo che la discesa finisse, si aprisse la valle o qualcosa del genere, quando, invece, il mio compagno di viaggio mi ha dato il benvenuto a Ollachea. Siamo scesi dal pulmino e subito abbiamo iniziato la salita lungo una stradina del paese, mentre ancora cercavo di raccapezzarmi dalla bellezza della natura circostante. Dopo quasi tre mesi di altipiano andino, piatto quasi fino all'orizzonte, solcato da dolci colline brulle, vegetazione bassa, quasi totalmente priva di alberi e sempre più secca e ingiallita, trovarsi qui in mezzo alle montagne, assolutamente circondata da tutti i lati dai pendii verdissimi, è stato un bel colpo. Certo tutti prima di partire mi avevano detto che era bellissimo qui, ma non gli avevo dato tanto retta, mi interessava soprattutto visitare il progetto, più che il luogo! Una volta arrivata però ho ringraziato la fortuna per avermi fatto vedere un posto così stupendo, di fronte alla casa, dall'altro lato della valle scende una cascata ripidissima e tutto intorno a noi i boschi penetrano nel paese, con alberi, fiori e questa vitalità prorompente che è un regalo per gli occhi.
Oltre a tutto ciò qui sono subito stata accolta benissimo, la casa, in realtà un congiunto di sei casette, di cui una per i volontari, una per la famiglia che gestisce il progetto e le altre per i ragazzi, è diretta da una giovane coppia. Blanca, la “hermana” come la chiamano i ragazzi, è dolcissima e mi ha preso subito sotto la sua ala, dopo averci servito un ottimo pranzo, mi ha portato a fare vedere tutto il progetto, oltre alle casette dei ragazzi, la biblioteca, la sala per le riunioni, il comedor e la cucina, tutto circondato da prati per giocare e piccoli orticelli. Qui è tutto più piccolo e più familiare, i ragazzi, 23 tra maschi e femmine, dagli 11 ai 15 anni hanno turni per la cucina e ognuno ogni settimana svolge un compito di pulizia e di cura di uno degli spazi comuni. Già ieri sera, mentre Blanca controllava i quaderni, alcuni mi hanno chiesto aiuto per i compiti di inglese, gli studenti di primero (equivalente alla nostra seconda media), i più piccoli e nuovi arrivati, infatti vengono seguiti da vicino, mentre gli altri sono più liberi. Tutti i ragazzi che vivono nella casa vengono da paesini piccoli e lontani, per lo più nella selva, che farebbero fatica a venire tutti i giorni a scuola e perciò lasciano la proprio casa per venire a stare qui e vanno a trovare la famiglia nel fine settimana. Inoltre qui oltre ad imparare la convivenza, ad essere responsabilizzati nel partecipare attivamente alla gestione della casa, vengono seguiti, appunto nei compiti e nel loro andamento scolastico.

Il bello dello stare qui è che mi sento più inserita nella vita locale, ieri dopo la visita del progetto, ho accompagnato Blanca a prendere suo figlio Andrew di 4 anni all'asilo, in realtà uscito da solo dall'asilo era andato a giocare coi suoi cuginetti e vicini di fronte alla casa dei nonni. Così ho conosciuto la mamma e le sorelle di Blanca, che vivono in paese, ho visto la loro casa e ho ascoltato le loro storie. Mi sono accorta di come quando mi chiedevano di dove ero e gli dicevo “Italia” non avessero la più vaga idea di dove fosse, così come anche i ragazzi, di come la vita qui è proprio fuori dal mondo. Blanca mi racconta di come il paese si stia arricchendo ora con le miniere d'oro e qualche industria, mentre quando lei era piccola vivevano tutti di sola agricoltura e i bambini non potevano giocare, in quanto dovevano aiutare i genitori nei campi. In quel momento ho capito perchè mi ha guardato così stupita quando le ho detto che mi piacerebbe aiutare nella raccolta del mais, che per lei invece è una punizione per i ragazzi che non fanno i compiti! Tutt'ora i ragazzi il fine settimana lavorano quasi tutti, coi genitori o altri parenti e inoltre quando la scuola deve compiere lavori di ampliamento o manutenzione organizza una giornata speciale in cui, invece di andare a scuola, gli studenti cercano lavoretti da fare per raccogliere il denaro necessario. Qui la vita è molto più semplice, in certe cose all'antica, anche se con alcune strane (per me) contraddizioni! Per esempio ho scoperto che nessuno ha il phon per i capelli, però hanno il ferro da stiro, non ci sono né la lavapiatti, la lavatrice o l'aspirapolvere però la tv satellitare sì! Certo devo dire che passare il sabato mattina a lavarsi i vestiti insieme a tutti i ragazzi, fuori nel cortile, o aspettare che esca il sole per lavarsi i capelli con l'acqua fredda gelida, sono esperienza non da poco e certo ti fanno capire come alcune innovazioni tecnologiche possano essere in realtà abbastanza superflue. D'altra parte quando ho spiegato che cosa fosse una lavapiatti (Blanca l'aveva vista in tv e voleva sapere se esistesse davvero!) mi rendo conto che la globalizzazione ha spesso portato solo il peggio di quello che usualmente chiamiamo “sviluppo”. Solo ora nella casa si stanno facendo i lavori, grazie ad un finanziamento, per installare il solare termico per l'acqua calda, che è davvero importante, infatti sebbene faccia meno freddo, lavarsi con l'acqua gelida non credo faccia proprio bene ai ragazzi, che infatti erano tutti influenzati e raffreddati. D'altra parte dopo la tisana di eucalipto contro il raffreddore tutti si imbottiscono di antibiotici e altre medicine, prese molto a caso e senza nessuna prescrizione medica! E' realmente un mondo curioso, ma al di là di tutto, la cosa che mi è rimasta sono i sorrisi dei ragazzi, le loro domande curiose, quando dopo un'ora di pallavolo, mi sono ritrovata seduta nel prato circondata da tutti loro, la loro voglia di scoprire, conoscere, andare al di là del nozionismo di cui purtroppo la scuola qui è piena (spesso i compiti consistono nel copiare nel quaderno pagine intere dei libri). Mi rimarrà sempre il ricordo dell'ultima sera in cui per la mia “despedida” hanno organizzato una festa e abbiamo ballato tutti insieme, dalle musiche tipiche andine, al reaggaeton, fino a qualche pezzo commercialissimo! E' stata un'esperienza davvero unica, purtroppo breve, ma che chissà n giorno spero davvero di rivivere...

domenica 7 luglio 2013

Talleres sobre medioambiente

A fine giugno ho concluso i laboratori di educazione ambientale, davvero una bella esperienza, i bambini erano sempre molto interessati ed partecipi! Ma per raccontarvi come sono andati cosa meglio delle foto!

Iniziamo dall'asilo:


Poi di seguito alcuni dei disegni della prima elementare, che qui rappresentano le conseguenze degli interventi umani sull'ambiente...

 Dopo di che abbiamo iniziato a lavorare sui rifiuti, uno dei problemi principali qui... a per rendere concrete le soluzioni abbiamo sperimentato un po' di riciclaggio artigianale!!




 E dopo gli sperimenti della terza elementare (sopra), con la seconda abbiamo riciclato la carta, qui sotto...






Infine con la quarta abbiamo scoperto un modo per riutilizzare le buste di plastica, e abbiamo creato dei bellissimi aquiloni!





E a luglio altri laboratori in arrivo, per ora vi saluto!
Silvia