lunedì 27 maggio 2013

La musica andina

Parlare di Musica Andina corrisponde ad una vasta gamma di generi musicali originari appunto dell'Altipiano Andino, che coincide in linea generale con l'area abitati dagli Inca prima della colonizzazione europea (in particolare spagnola). 


La varieta' di musica andina Quechua e' molto importante per quanto riguarda festivita' religiose, come le Feste de Las Cruces, oppure le messe in onore di un Santo (come ad esempio la messa a cui abbiamo partecipato in onore di San Isidro, protettore delle Mucche. 

(Qui di seguito il video)
Inoltre, in tutte le feste la musica assume un ruolo importante: come canalizzatore di energie, alcolici, balli e canti. E' una musica vivace, che trascina, che parla d'amore e di sofferenze.
Di seguito alcuni link, per farsi un'idea. 

Valeria

Pata Amarilla_ Alejate sinfonico


Yarita Lizeth_ Mis Ojitos te Lloran




martedì 21 maggio 2013

Iniziano i laboratori...


Dalla settimana scorsa non mi posso più lamentare di non avere abbastanza da fare: dopo le feste di inizio maggio, che abbiamo scoperto essere il mese “de las cruces” e quindi in realtà ci sono feste tutti i fine settimana; dopo la festa della mamma, che è un evento importantissimo e dopo essere rientrate a Caracoto io e Valeria abbiamo deciso di darci da fare per incrementare le attività con i bambini. Io ho iniziato i laboratori di educazione ambientale, mentre Valeria ha ripreso la ginnastica con le mamme e alcune delle ragazzine più grandi, senza ovviamente tralasciare il corso di italiano.

Non avendo coordinato prima di iniziare molto altro oltre all'orario con le professoresse che mi hanno lasciato completamente carta bianca, ed essendo l'idea dei “talleres sobre medioambiente” originata da Rosìo, sto improvvisando molto, di settimana in settimana, differenziando il lavoro per classe e puntando molto su di una metodologia attiva. Infatti mi son da subito resa conto che quasi tutte le classi delle elementari sanno già molto sull'ambiente, ma nonostante ciò fuori dalla classe i loro comportamenti non sono esattamente di bambini “consapevoli”. Mi sono accorta che molte cose le hanno imparate a memoria, ma poi non le applicano nella vita quotidiana che penso sia spesso il problema principale. Allora mi sto ponendo il problema di come far sì che quello che imparano non siano semplici regolette, ma che si trasformino davvero in comportamenti reali. Per questo sto cercando, fin da subito, di scansare le loro risposte pronte, destabilizzandoli un poco e cercando di stimolarli realmente a ragionare autonomamente, questo è bellissimo quando avviene, tutte le cose che hanno da dire e l'entusiasmo che ci mettono tutti!  Abbiamo così fatto un brainstorming su cos'è il medioambiente, abbiamo disegnato storie di come gli uomini danneggiano la natura e abbiamo analizzato come tutto ciò si ripercuote sull'uomo e quando idee hanno tirato fuori! 



















Devo dire che infatti ci sono moltissimi problemi ambientali qui in Perù e manca veramente tanto una maggiore cura dell'ambiente, soprattutto con la crescita economica che si sta realizzando...
Con Valeria abbiamo anche iniziato a lavorare su questi temi anche con i bimbi dell'ultimo anno d'asilo che devo dire sono veramente in gamba!
Questi sono alcuni disegni della natura, in cui abbiamo imparato a distinguere tra ciò che fa parte dell'ambiente naturale e cosa invece deriva dalla costruzione dell'uomo...
















Invece dopo l'uscita da scuola alle 3, mentre Valeria fa la ginnastica io ho pensato di poter fare alcuni giochi, pensando inizialmente ai figli delle donne che fanno la ginnastica, ma poi estendendo anche a bambini del paese che vogliano unirsi. Per questo abbiamo iniziato a mettere un paio di avvisi fuori dalla scuola e dal comedor, ma poi dovremmo aggiungerne anche in altri posti del paese, come fuori dal comune o alla parrocchia o alla “posta medica”, in modo da coinvolgere più persone possibile.
Per ora abbiamo iniziato, anche se siamo ancora in pochi! Vorrei provare a fare qualche gioco cooperativo, così da stimolarli ad essere meno aggressivi e competitivi e magari andando avanti introdurre qualcos'altro, vedremo come procede...

Ovviamente nel mentre continuano tutte le attività del comedor e in cucina, dove ormai ci sentiamo veramente indispensabili, a partire dalla colazione la mattina...


















Alla preparazione del pranzo


















Fino al pranzo in sé


















Insomma non ci si annoia più!

Silvia


mercoledì 15 maggio 2013

Le messe al campo con Padre Manuel

Sia il giorno 8 maggio che stamani mattina ho avuto il piacere di accompagnare Padre Manuel a celebrare la messa per la comunita' locale al campo. La scorsa volta a Tuthuaca, stavolta in occasione di San Isidro Labrador, l'Agricoltore, e a quanto pare anche protettore delle mucche (che dovevano essere presenti alla cerimonia, ma dice siano diventate troppo "delicate" per risalire in cima alla collina).



Al di la' dei miei sentimenti religiosi personali, era molto tempo che non partecipavo ad una messa; non ricordo l'ultima (tralasciando, forse, qualche matrimonio) ma sono sicura che fosse in Italia. Una tipica messa italiana. Ecco, sono rimasta affascinata (e' dir poco) da come Padre Manuel sia riuscito a lasciarmi senza parole, felice di prendere parte all'evento, e soprattutto, estasiata dalle sue parole e dal suo modo di fare messa. Gia' sapevo che, soprattutto nelle comunita' indigene in America Latina, la religione (e quindi la messa) e' vissuta molto diversamente da come la intendiamo noi in Occidente: e' piu' comunitaria, piu' pagana, piu', se vogliamo (passatemi il termine) umana.

Ne ho avuto la conferma quando, la scorsa volta, arrivati al campo, ho scoperto che la chiesa della comunita' altro non era che una piccola stanzetta spoglia, fornita solo di banchi di scuola (funge appunto da edificio scolastico, tra gli altre funzioni) e un tavolo, e con delle colorate immagini religiose appese ai muri. Il Padre si e' vestito e poi seduto sullo scalino, accanto ai bambini. E ha cominciato a parlare, ma soprattutto, a fare domande. Ha chiesto ai bambini delle mansioni principali svolte dai loro padri e madri, sottolineando poi che le donne hanno un ruolo fondamentale all'interno della societa' peruana (aggiungo io che, soprattutto in aree rurali, la forza lavoro femminile in alcuni settori, come nell'agricoltura, arriva a coprirne il 70%).

In seguito, ha chiesto di ringraziare, pregando, tutti i fratelli e sorelle, uomini e donne che quotidianamente lavorano per le proprie famiglie e per il proprio paese.
Ha poi parlato del nuovo Papa, il primo sudamericano (argentino) e del fatto che sembra essere un Papa buono, dalla parte degli oppressi. Difatti il suo primo discorso ufficiale verteva proprio sul fatto di ridare la Chiesa nelle mani dei poveri. Mai come oggi, il discorso sembrava proprio appropriato, trovandosi in cima ad una collina con una sola croce ad ergersi sul paesaggio circostante in funzione di Chiesa, con una comunità di campesinos immersi di una religiosita' pura. Per celebrare la festa, i muchachos del campo si erano agghindati con vesti tipiche, suonando flauti. Devo ammettere che e' stato molto emozionante.


Poi il Padre ha parlato dell'importanza di mantenere le proprie tradizioni: perche' se e' importante studiare, viaggiare, muoversi, conoscere, lo e' altrettanto saper utilizzare le proprie conoscenze per migliorare il luogo dove si e' nati. Soprattutto nel caso dei campesinos andini, che stanno lentamente venendo espropriati delle proprie terre e delle proprie tradizioni: "cholitos che se creen gringos". 
 

Come diceva Padre Manuel, Dio e' morto ma resuscitato, e proprio per questo e' possibile trovarlo negli uomini e nelle cose attorno a noi, nella quotidianita' e nella umanita' terrena. E a guardarsi intorno, non si puo' non sviluppare un qualche tipo di fede. E se non in Dio, quantomeno nel genere umano.

Valeria 


sabato 4 maggio 2013

Arequipa e il Canyon de Colca


Alla fine del primo mese qui a Caracoto, dopo essere stati invitati ad un matrimonio e aver visitato la feria agropecuaria, io e Valeria abbiamo, infine, deciso di prenderci i nostri due giorni di riposo mensile e andare a Arequipa. Infatti, per quanto il paese e la gente e la vita locale siano piacevoli, interessanti e coinvolgenti, dopo un mese iniziavo a sentire il bisogno di cambiare aria, di vedere un posto diverso e delle facce nuove. Così lunedì mattina abbiamo buttato tre cose negli zaini e siamo partite all'avventura, siamo andate a Juliaca convinte che avremo trovato subito il pullman, facendoci guidare dal grido “Arequipaarequipaarequipa!!”, invece non l'abbiamo trovato, abbiamo girato tutto il centro e infine quando abbiamo chiesto ci hanno detto che dovevamo andare fino al terminal, dall'altra parte della città!
Arrivate lì siamo riuscite a trovare il bus per Arequipa subito, questa volta seguendo, sì, la voce. Per fortuna abbiamo deciso di non chiedere nemmeno l'ora d'arrivo e siamo partite, pronte a tutto. Prima di riuscire ad uscire dalla città il pullman si è fermato varie volte e mentre tirava su altri passeggeri lungo la strada, salivano donne vendendo bevande e cibarie per il viaggio e anche il giornale. Anche durante il percorso ad ogni sosta, per dei fantomatici controlli, salivano donne con cestini di chicharrones, trucha frita e aguita de cebada, mentre durante il percorso due venditori ci hanno tenuto compagnia cercando di venderci, prima una miracolosa crema naturale a base di una de gato, eucalipto e altre piante locali, che guariva ogni male possibile; mentre il secondo una fantastica enciclopedia a fascicoli.
Arrivate ad Arequipa ci siamo subito informate sui pullman per arrivare al canyon di Colca e abbiamo scoperto che ci volevano ben 5 ore, che visto come sono qui normalmente gli orari voleva dire almeno 6 o 7 e quindi abbiamo deciso che la cosa migliore era viaggiare di notte, anche perchè le alternative erano davvero poche. Così abbiamo passato il pomeriggio e la serata a visitare la città, che devo dire mi è veramente piaciuta. 
Il centro di Arequipa, in particolare la piazza principale aveva un aspetto davvero diverso da Juliaca o Puno, grande, pulita, piena di gente diversa. Forse un po' troppo turistica, con addirittura la via dei negozi piena di catene multinazionali e Macdonald, Burger King, Piazza hut, ecc...
Alcuni edifici e molte chiese avevano un aspetto molto spagnolo, bianche e grandissime, mentre poi le stradine laterali erano più sud americane, con di nuovo i venditori ambulanti per strada (che nella piazza de armas sono proibiti), le casette basse e colorate e la confusione, anche se mai quanta a Juliaca. Insomma, devo dire una bella città tutto sommato, anche se avrei potuto benissimo fare a meno dei fast food americani, è piacevole un po' di vita culturale, come la bellissima mostra fotografica sui popoli indigeni amazzonici, e anche un po' di turismo, la sera infatti siamo finite a berci una birretta nel bar di un ostello davvero internazionale (anche come prezzi!), e un po' di mestizaje, infatti a cena ci siamo fatte tentare da una pizzeria italiana, che come garanzia di autenticità aveva una bandiera sarda fuori dalla porta.
La notte sul pullman invece siamo ritornate nel mondo dei campesinos andini, infatti i turisti veri non si azzardano assolutamente a prendere i bus di linea e forse fanno anche bene :)
In realtà a parte i seggiolini minuscoli, la guida un po' rischiosa, il freddo gelido e la calca di persone ammucchiate una sopra l'altra con borse, sacchi e bambini imbraccio, siamo riuscite a sopravvivere al viaggio e alle 6 di mattina siamo state svegliate da tutte le signore che ci dicevano Baja, baja, baja! Eravamo alla Cruz del Condor e avendo visto due “gringas” avevano deciso che dovevamo scendere... e che bellezza. 


Eravamo effettivamente in uno dei punti più spettacolari per vedere il canyon, su questa strada in mezzo al nulla con il sorgere del sole e le montagne di fronte, al di là del precipizio. Siamo rimaste per un po' estasiate a guardare il panorama incredibile di quel luogo e a cercare di avvistare i condor (che diciamo di aver visto, anche se da lontano e controluce non ci potrei giurare che fossero proprio Condor...) 
Dopo di che ci siamo incamminate verso il paese, un po' per scaldarci e un po' perchè non sapevamo che altro fare. Aspettare il bus successivo non sembrava una buona idea, ma per fortuna dopo un'ora di cammino un ragazzo del posto ci ha dato un passaggio fino a Cabanaconde, qui l'autostop è molto usato infatti, anche se visto il nostro essere bianche non è stato gratuito.
Arrivate in paese abbiamo dato un'occhiata in giro e poi, stremate, abbiamo deciso di cedere e fare le turiste sul serio, così abbiamo preso un pulmino che prevedeva varie tappe nel canyon e rientro nel pomeriggio ad Arequipa, con tanto di guida in inglese, anche se molto stentato. 
In questo modo abbiamo apprezzato il canyon da diversi punti, abbiamo fatto un bagno in una piscina con sorgente di acqua calda in fondo al canyon e abbiamo pranzato a Chivay, il paesino più grande della zona. Lì però ci siamo volute staccare dal gruppo, rifiutandoci di mangiare nel ristorante un decisamente troppo turistico e approfittando per fare una passeggiata in paese. Così siamo finite al mercato, dove in una zona coperta c'erano tantissimi banchetti che offrivano ogni tipo di cibi diversi, noi ci siamo fermate da una signora che aveva una teglia di pastel da papas che ci ha riscaldato in un microonde, ci ha fatto accomodare sui suoi sgabellini, un picolissimo tavolino, un po' di salsine piccantissime e via, squisito!
Prima di rientrare ad Arequipa abbiamo fatto altre due soste, una nel punto più alto (4910 mslm) da cui si vedono le cime di ben cinque vulcani e un panorama immenso, tutto ricoperto di sassi impilati e l'altro punto all'interno della riserva di Salinas y Aguada Blanca per vedere i lama e gli alpaca da vicino.

Rientrate ad Arequipa eravamo stanchissime, ma soddisfatte e abbiamo deciso di rientrare con l'ennesimo pullman a casa, di cui devo dire un po' sentivamo già la mancanza, anche se mi sono ripromessa di ritornare a fare un weekend ad Arequipa, quando di nuovo sentirò il bisogno di un po' di “città”.

Silvia
(foto di Valeria)

mercoledì 1 maggio 2013

Un matrimonio peruano e la Feria de Caracoto


28 aprile 2013

Oggi pomeriggio, dopo pranzo, siamo stati invitati ad un matrimonio qui a Caracoto, una quadra dopo la Feria che si tiene nel weekend: questa l'indicazione per raggiungere il luogo del matrimonio. Quando abbiamo chiesto a che ore fosse, Padre Manuel ci ha risposto: nel pomeriggio, ma non si sa con certezza, siamo in Peru'. 

Il matrimonio e' stato molto bello e particolare. Ci ha spiegato Padre Manuel che di solito dura tre giorni, in cui si riuniscono non solo tutti gli amici degli sposi ma anche tutti gli amici degli amici. Puoi partecipare se conosci qualcuno che e' stato ufficialmente invitato, e anzi, gli invitati sono quasi obbligati a portarsi dietro qualcuno, per rendere la festa ancora piu' grande e aperta a tutto il pueblo. Questo accade per tre giorni, tranne l'ultimo, in cui partecipano solo amici intimi e si scambiano i regali.  


Dopo varie danze (ma solo tra le famiglie, sposi con relativi hermani/hermane y genitori) le famiglie si sono scambiate i regali: un set di divani e poltrone, 50 casse a testa di birra (una cosa spropositata) e due maialini con tanto di mela in bocca. Poi ci e' stato servito il pranzo: scatoline di plastica con patate, carne, e verdure varie. E poi i vestiti erano deliziosi, tutte le donne con i loro sombreri: e Rosita era incantevole, ancor piu' del solito.


Dopo siamo andati con Jhony e Nathalie alla Feria dell'agricoltura qui a Caracoto, dove Nathalie si e' divertita su vari giochi, tra cui una giostra artigianale, con macchinine elettriche posizionate su una pedana, spinta a mano. E diciamocelo, anche Yuri si e' divertito: ha sparato al tiro a segno, e ha pure vinto una cioccolata per Nathalie. 

Poi siamo andati a guardare gli animali e finalmente, i combattimenti tra galli. 5 soles per vedere 2 minuti di strazio tra poveri galli moribondi, ma personalmente credo che sia una cosa che bisogna vedere, una volta nella vita. Nathalie tuttavia, non sembrava troppo sconvolta, ha solo chiesto: sta sangreando? E via con le pecore e i lama, e le mucche. 

La bellezza di questo posto sta soprattutto nel fatto che ogni giorno sembra poter offrire qualcosa di nuovo, qualcosa sul quale riflettere.

Valeria