giovedì 18 luglio 2013

La nostra visita al Centro di appoggio per donne e bambini (Ceadmun) di Puno




Il giorno 16 luglio io e Silvia abbiamo avuto la possiiblita' di visitare la sede Ceadmun di Puno, dove ci hanno accolte a braccia aperte, e con colazione e caffe', Aymee e Mirta, le due socie che lavorano a tempo pieno per mandare avanti le attivita' dell'organizzazione. 

Ceadmun (Centro de Apoyo al desarrollo de la mujer y el niñoe' un'organizzazione  senza fini di lucro che lotta dal 1993 per garantire visibilita' alla questione della violenza e discriminazione di genere nei confronti delle donne nella regione di Puno. 
L'intento e' quello di favorire una concreta uguaglianza tra i due sessi e potenziare l'indipendenza femminile, soprattutto dal punto di vista economico, attraverso progetti di micro-credito. Ceadmun inoltre realizza campagne di informazione sulle tematiche di genere e su tali tematiche, svolge ogni giovedi mattina un programma radiofonico, su Radio Pachamama (qui di seguito, una foto durante la trasmissione).


La trasmissione radiofonica e' stata scelta da Aymee, esperta in comunicazione sociale, come mezzo comunicativo piu' adeguato per mandare messaggi alle donne della regione, estremamente rurale ed a maggioranza campesina (contadina). 
Qui le donne dipendono in larga parte dai mariti, soprattutto dal punto di vista economico. Questo le porta ad accettare passivamente delle situazioni di violenza estrema, sia dal punto di vista psicologico che fisico. Basti pensare che degli oltre 500 casi di femminicidio che si registrano ogni anno in Peru', le percentuali maggiori si sono registrate nella Lima metropolitana e nella regione di Puno. Una cifra enorme: basti pensare che in Italia, con una popolazione di 60 milioni di persone, si sono registrati circa 125 casi nel 2012, mentre il Peru' ne ha registrati 500 con 29 milioni di abitanti. 

Non si parla solo di omicidi, ma piuttosto di una violenza strutturale che vede le donne sottoposte ad una discriminazione quotidiana, soprattutto nelle regioni rurali, come quella in cui ci troviamo.

La scorsa settimana e'  iniziata con la notizia sui giornali di una giovane donna violentata, uccisa e abbandonata sul ciglio della strada: 17 anni. Il giorno seguente, a Caracoto e' circolata la notizia del ritrovamento del corpo di un'altra giovane donna al Mirador sopra la collina. Una posizione strategica, sopra la discarica: una sola strada sterrata, senza luci, con scarsa visibilita'. 17 anni anche lei. 
Queste notizie sono purtroppo parte della quotidianita' di questo luogo. Lo sono tanto quanto le donne che raccontano dei mariti ubriachi che tornano a casa e le picchiano. Lo sono tanto quanto la piccola Melody che corre per le strade del paese a cercare suo papa', che dopo aver picchiato la mamma e' andato a bere in una tienda

Da questa quotidianita' e' nata la scelta di Aymee e Mirta di affidare le proprie vite a questa causa. Una lotta sicuramente non facile, anche perche', come hanno loro stesse sottolineato, la discriminazione nasce in primis nelle nostre (di donne) teste: diventiamo le peggior nemiche di noi stesse, convinte di non potercela fare. Spesso, troppo spesso, le donne vittime di abusi che si rivolgono al centro, tornano nelle loro case, per paura di ripercussioni o di non riuscire a mantenere se stesse e i propri figli.

Per questo, Ceadmun offre programmi di microcredito (fino a 700 soles) per garantire a queste donne la possibilita' di cominciare una loro piccola attivita': un banco, una tienda. Oppure, come le 18 volenterose che abbiamo avuto la fortuna di conoscere nel pomeriggio, un comedor popolare. Un modo per essere indipendenti economicamente, ma anche crearsi uno spazio proprio al di fuori della famiglia.

Queste sono le donne che mandano avanti le famiglie ed il paese, le donne a cui non e' stato permesso di studiare, non sentendone la necessita' ne' l'utilita'; le donne che si sono sposate giovanissime, spesso spinte dalle proprie famiglie; le donne che non hanno potuto scegliere o pianificare le proprie famiglie; le donne che abbassano la testa di fronte alle movenze brusche del marito ubriaco; che portano in spalla i figli mentre lavorano al freddo o sotto il sole, nel campo o al mercato. Le stesse donne che ritrovi in un comedor popolare che fanno la calza e parlano in quechua, con i loro sombreri e cappellini e le gonne ampie e colorate, e ti fanno sentire a casa. Anche questo e' il lavoro del Ceadmun: ridare loro la dignita' di donne, madri, cittadine, e accompagnarle durante il percorso. 

Tra i loro progetti, la costruzione di una casa-albergue per donne vittime di violenza: una struttura che, qualora finanziata, possa ospitare circa 20 donne e i loro figli, in maniera non asettica ma inclusiva, facendole sentire a casa e offrendo un appoggio psicologico e una formazione professionale. Che possa insomma creare per loro un'opportunita' di riscatto dagli abusi del proprio passato.

Per seguire il lavoro di Ceadmun basta accedere tramite facebook al seguente link:


Valeria





sabato 13 luglio 2013

Ollachea e la Casa Hogar Estudiantil

In questi giorni di fine giugno mi sono recata in visita ad un altro progetto, dopo aver concluso i laboratori sull'ambiente, ho salutato i bambini di Caracoto e mi sono presa qualche giorno di “vacanza”, più che altro per cambiare aria e conoscere anche altre realtà. Il momento più bello prima della partenza è stato il saluto alla quarta, la classe a cui di sicuro mi sono affezionata di più! Mi hanno detto parole bellissime, auguri per la partenza, ringraziamenti per il lavoro svolto insieme e tanti baci e lunghissimi abbracci... Devo dire che mi è dispiaciuto veramente, ma dopo due mesi senza muoversi quasi per nulla da Juliaca sentivo il bisogno di conoscere altro e questa volta il cambio è stato davvero drastico! Grazie ad un amico di padre Manuel, padre anche lui, detto “il turco” anche se in realtà argentino, sono venuta a conoscenza di questo progetto, una “casa-hogar” per adolescenti e visto che stavamo programmando di andare nella selva e il posto si trovava proprio a metà strada ho deciso di fare questa tappa, separandomi dai miei compagni-colleghi volontari. Sono partita in compagnia di uno dei responsabili del progetto, Davìd, che però insieme al turco vive a Juliaca, dove gestiscono due case per studenti universitari, una maschile e una femminile. Abbiamo preso un pullman per Macusani, arrivando a sfiorare i 5000 metri di altitudine, senza che ormai mi dia alcun fastidio, e poi da lì abbiamo iniziato la discesa verso Ollachea, in mezzo a montagne sempre più verdi e a strapiombi vertiginosi. Pensavo di dover ancora arrivare, mi aspettavo che la discesa finisse, si aprisse la valle o qualcosa del genere, quando, invece, il mio compagno di viaggio mi ha dato il benvenuto a Ollachea. Siamo scesi dal pulmino e subito abbiamo iniziato la salita lungo una stradina del paese, mentre ancora cercavo di raccapezzarmi dalla bellezza della natura circostante. Dopo quasi tre mesi di altipiano andino, piatto quasi fino all'orizzonte, solcato da dolci colline brulle, vegetazione bassa, quasi totalmente priva di alberi e sempre più secca e ingiallita, trovarsi qui in mezzo alle montagne, assolutamente circondata da tutti i lati dai pendii verdissimi, è stato un bel colpo. Certo tutti prima di partire mi avevano detto che era bellissimo qui, ma non gli avevo dato tanto retta, mi interessava soprattutto visitare il progetto, più che il luogo! Una volta arrivata però ho ringraziato la fortuna per avermi fatto vedere un posto così stupendo, di fronte alla casa, dall'altro lato della valle scende una cascata ripidissima e tutto intorno a noi i boschi penetrano nel paese, con alberi, fiori e questa vitalità prorompente che è un regalo per gli occhi.
Oltre a tutto ciò qui sono subito stata accolta benissimo, la casa, in realtà un congiunto di sei casette, di cui una per i volontari, una per la famiglia che gestisce il progetto e le altre per i ragazzi, è diretta da una giovane coppia. Blanca, la “hermana” come la chiamano i ragazzi, è dolcissima e mi ha preso subito sotto la sua ala, dopo averci servito un ottimo pranzo, mi ha portato a fare vedere tutto il progetto, oltre alle casette dei ragazzi, la biblioteca, la sala per le riunioni, il comedor e la cucina, tutto circondato da prati per giocare e piccoli orticelli. Qui è tutto più piccolo e più familiare, i ragazzi, 23 tra maschi e femmine, dagli 11 ai 15 anni hanno turni per la cucina e ognuno ogni settimana svolge un compito di pulizia e di cura di uno degli spazi comuni. Già ieri sera, mentre Blanca controllava i quaderni, alcuni mi hanno chiesto aiuto per i compiti di inglese, gli studenti di primero (equivalente alla nostra seconda media), i più piccoli e nuovi arrivati, infatti vengono seguiti da vicino, mentre gli altri sono più liberi. Tutti i ragazzi che vivono nella casa vengono da paesini piccoli e lontani, per lo più nella selva, che farebbero fatica a venire tutti i giorni a scuola e perciò lasciano la proprio casa per venire a stare qui e vanno a trovare la famiglia nel fine settimana. Inoltre qui oltre ad imparare la convivenza, ad essere responsabilizzati nel partecipare attivamente alla gestione della casa, vengono seguiti, appunto nei compiti e nel loro andamento scolastico.

Il bello dello stare qui è che mi sento più inserita nella vita locale, ieri dopo la visita del progetto, ho accompagnato Blanca a prendere suo figlio Andrew di 4 anni all'asilo, in realtà uscito da solo dall'asilo era andato a giocare coi suoi cuginetti e vicini di fronte alla casa dei nonni. Così ho conosciuto la mamma e le sorelle di Blanca, che vivono in paese, ho visto la loro casa e ho ascoltato le loro storie. Mi sono accorta di come quando mi chiedevano di dove ero e gli dicevo “Italia” non avessero la più vaga idea di dove fosse, così come anche i ragazzi, di come la vita qui è proprio fuori dal mondo. Blanca mi racconta di come il paese si stia arricchendo ora con le miniere d'oro e qualche industria, mentre quando lei era piccola vivevano tutti di sola agricoltura e i bambini non potevano giocare, in quanto dovevano aiutare i genitori nei campi. In quel momento ho capito perchè mi ha guardato così stupita quando le ho detto che mi piacerebbe aiutare nella raccolta del mais, che per lei invece è una punizione per i ragazzi che non fanno i compiti! Tutt'ora i ragazzi il fine settimana lavorano quasi tutti, coi genitori o altri parenti e inoltre quando la scuola deve compiere lavori di ampliamento o manutenzione organizza una giornata speciale in cui, invece di andare a scuola, gli studenti cercano lavoretti da fare per raccogliere il denaro necessario. Qui la vita è molto più semplice, in certe cose all'antica, anche se con alcune strane (per me) contraddizioni! Per esempio ho scoperto che nessuno ha il phon per i capelli, però hanno il ferro da stiro, non ci sono né la lavapiatti, la lavatrice o l'aspirapolvere però la tv satellitare sì! Certo devo dire che passare il sabato mattina a lavarsi i vestiti insieme a tutti i ragazzi, fuori nel cortile, o aspettare che esca il sole per lavarsi i capelli con l'acqua fredda gelida, sono esperienza non da poco e certo ti fanno capire come alcune innovazioni tecnologiche possano essere in realtà abbastanza superflue. D'altra parte quando ho spiegato che cosa fosse una lavapiatti (Blanca l'aveva vista in tv e voleva sapere se esistesse davvero!) mi rendo conto che la globalizzazione ha spesso portato solo il peggio di quello che usualmente chiamiamo “sviluppo”. Solo ora nella casa si stanno facendo i lavori, grazie ad un finanziamento, per installare il solare termico per l'acqua calda, che è davvero importante, infatti sebbene faccia meno freddo, lavarsi con l'acqua gelida non credo faccia proprio bene ai ragazzi, che infatti erano tutti influenzati e raffreddati. D'altra parte dopo la tisana di eucalipto contro il raffreddore tutti si imbottiscono di antibiotici e altre medicine, prese molto a caso e senza nessuna prescrizione medica! E' realmente un mondo curioso, ma al di là di tutto, la cosa che mi è rimasta sono i sorrisi dei ragazzi, le loro domande curiose, quando dopo un'ora di pallavolo, mi sono ritrovata seduta nel prato circondata da tutti loro, la loro voglia di scoprire, conoscere, andare al di là del nozionismo di cui purtroppo la scuola qui è piena (spesso i compiti consistono nel copiare nel quaderno pagine intere dei libri). Mi rimarrà sempre il ricordo dell'ultima sera in cui per la mia “despedida” hanno organizzato una festa e abbiamo ballato tutti insieme, dalle musiche tipiche andine, al reaggaeton, fino a qualche pezzo commercialissimo! E' stata un'esperienza davvero unica, purtroppo breve, ma che chissà n giorno spero davvero di rivivere...

domenica 7 luglio 2013

Talleres sobre medioambiente

A fine giugno ho concluso i laboratori di educazione ambientale, davvero una bella esperienza, i bambini erano sempre molto interessati ed partecipi! Ma per raccontarvi come sono andati cosa meglio delle foto!

Iniziamo dall'asilo:


Poi di seguito alcuni dei disegni della prima elementare, che qui rappresentano le conseguenze degli interventi umani sull'ambiente...

 Dopo di che abbiamo iniziato a lavorare sui rifiuti, uno dei problemi principali qui... a per rendere concrete le soluzioni abbiamo sperimentato un po' di riciclaggio artigianale!!




 E dopo gli sperimenti della terza elementare (sopra), con la seconda abbiamo riciclato la carta, qui sotto...






Infine con la quarta abbiamo scoperto un modo per riutilizzare le buste di plastica, e abbiamo creato dei bellissimi aquiloni!





E a luglio altri laboratori in arrivo, per ora vi saluto!
Silvia

venerdì 21 giugno 2013

In attesa del Dia del Campesino..

Lunedi 24 giugno si festeggera' il Dia del Campesino, giornata dedicata appunto alle tradizioni contadine, in particolar modo andine. Instaurato nel 1969 dal generale Juan Velasco (all'epoca Presidente della Repubblica).




E' una festa molto importante in Peru', in quanto l'agricoltura occupa ad oggi una grande fetta del mercato peruano. In particolare, il 40 % di tali attivita' si racchiudono nelle regioni di Cajamarca, Cusco, Piura e Puno (dove siamo noi).

Pertanto, oggi nella cucina si e' preparato un pranzo con prodotti tipici della zona e della tradizione campesina.

Hilda e la preparazione delle Torrejas peruanas:




Mais Morado:




Il chuño, o patata gelata, tipica delle zone Andine:




La Cebolla per fare la Sopa:


giovedì 20 giugno 2013

Imata Munanki e la varieta' linguistica dei bambini

Ho voluto cominciare questo post proprio con la prima espressione Quechua che abbiamo imparato qua: "Imata Munanki", letteralmente tradotto come "che vuoi, di che hai bisogno?".
Capita spesso di sentire parole in Quechua, soprattutto durante il lavoro nella cucina, anche se la maggioranza delle persone qua parla la maggioranza del tempo in Castellano (almeno a scuola o in ambito lavorativo).
Sulle Ande, tutti i bambini crescono naturalmente bilingue: Quechua o Aymara, a seconda della zona di origine.

Noi viviamo nella regione Quechua, lingua ufficiale dell'impero Inca, e attualmente parlata in vari dialetti da circa 10 milioni di persone tra Ecuador, Colombia, parte di Argentina e Cile, e ovviamente Peru' e Bolivia (in questi ultimi due, dove e' lingua ufficiale). Il Quechua e' classificato come una macrolingua, suddivisa in 44 varianti. Nella nostra zona viene parlata la variante di Puno, che si estende a tutto il pueblo della regione che costeggia il Lago Titicaca.

Oltre al Quechua e al Castellano, i bambini della Giordano Liva studiano altre due lingue, attraverso i laboratori con i volontari: Italiano ed Inglese. Sono abituati a destreggiarsi in varie lingue, ma fanno chiaramente molta fatica. Tuttavia, hanno una gran voglia di imparare, soprattutto la Lingua Italiana. Vuoi per la facilita' nel comprendere le parole, ma anche per il legame e l'affinità con l'Italia.

E' davvero bello sentire il loro interesse per il nostro paese: questi bambini cosi' curiosi, altrimenti costretti a vivere in un luogo culturalmente chiuso in se stesso, con poche o nulle possibilita' di contatto con il mondo esterno. Qui non solo le attivita' culturali sono limitate, non si studiano le lingue, non ci sono neanche turisti, ma soprattutto, non si conosce bene cosa esista realmente fuori dall'Altipiano Andino. E per questo, dobbiamo ringraziare Giordano, ma anche tutti coloro che abbiano creduto e continuano a credere nel potere della solidarieta' e dello scambio reciproco tra le persone, qualunque sia il loro passato, il loro vissuto.
Grazie a tutti voi, per rendere questo mondo piu' sopportabile, piu' grande, e per credere in un futuro diverso.

~Valeria


Di seguito, alcuni dei bellissimi disegni realizzati durante i Laboratori di Italiano nelle elementari, da Milagros, Rai, Gabriela e Jhon Lenin.





lunedì 10 giugno 2013

Il Perù, però...!

Scusate la lunga assenza, ma da prima di fine maggio siamo rimaste tagliate fuori dal mondo, senza internet in poche parole... perciò ora posto quello che avevo scritto qualche tempo fa!

Ieri, domenica, io e Valeria siamo andate all'ultima festa del mese di maggio, “el mes de las cruces”, invitate, questa volta dal preside della scuola. Qui infatti usa che tutto il mese si organizzino feste attorno ad una croce, di solito in cima ad una montagna, in questo caso proprio portataci in processione, sulle spalle dell' “Alferado” in segno di penitenza. La figura dell'alferado (sempre una coppia, in genere moglie e marito, tranne l'altra volta che Rosìo essendo single l'ha fatto con suo padre) è colui che organizza la festa e che paga, soprattutto. In genere il tutto inizia dalla mattina con la messa, si recitano preghiere, si ringrazia Dio e si ricordano i propri morti, dopo di che cambia tutto: inizia la festa!
E davvero il concetto di festa qui viene preso molto sul serio, iniziano a girare le birre ancora prima di pranzo e rifiutare di bere è concesso solo ai minorenni, io alle volte mi sono dovuta inventare malattie e malesseri per sfuggire! A questo punto inizia a capitare di tutto, come di vedere signore di una certa età che svuotano bottiglie di birra nei pantaloni dell'Alferado, tutti ballano in cerchio, senza eccezioni di sesso o d'età e spesso si viene costretti a ballare in centro con il compagno di turno, ci si diverte alla grande e si mangia ovviamente! Ma la vera protagonista della festa è sempre la birra, oltre alla musica...
Alle prime feste ero un po' sconcertata, ma poi ho deciso di lasciarmi andare e partecipare in modo più completo, bisogna concedersi e ballare in mezzo al cerchio con tutti gli uomini che decidono di invitarti, oppure trovare intelligenti scuse per sfuggire. Spesso i più anziani sono quelli che ballano meglio, mentre quei pochi giovani che si fanno avanti o che vengono costretti dai parenti sono imbarazzati e rigidi. Domenica mi sono anche esibita in una danza saltellata, di cui ho inventato i passi, un po' copiando dall'arzillo vecchietto con cui ballavo e un po' prendendo spunto dalle mie nozioni di pizzica e ho preso apprezzamenti ed applausi, oltre ad essere quasi svenuta (nonostante il tempo passato l'altitudine si fa sempre sentire!). Insomma alla fine ci si diverte, basta che il livello alcolico del compagno di danze sia contenuto, altrimenti un secco rifiuto è concesso e anzi sostenuto da tutte le altre donne presenti.
L'ulteriore vantaggio di partecipare a queste feste sono i luoghi spettacolari dove si tengono, abbiamo così visto prima Juliaca e poi Puno dall'alto e ieri questo fantastico panorama in cui ci siamo ritrovate immerse, con tanto di saluto alle mucche mentre tornavamo dal “bagno” (che era semplicemente dietro il muro della stalla)...

Inoltre, queste situazioni ti portano a conoscere meglio le persone con cui lavori, così abbiamo prima apprezzato quanto è divertente Rosìo dopo qualche birra, scatenata nelle danze, mentre ieri abbiamo scoperto che il preside, apparentemente molto serio e chiuso è in realtà simpaticissimo! Inoltre ci ha raccontato che insegna all'università e tiene corsi su Ecologia e Medioambiente per professori, quest'ultima cosa ha attratto particolarmente il mio interesse, e infatti il prossimo sabato mi ha invitato ad andare con lui a tenere il corso!
Anche le messe qui mi piacciono, sono tutta un'altra cosa rispetto all'Italia e soprattutto i preti sono molto diversi. Oltre ad aver apprezzato i discorsi di Padre Manuel che durante la messa parla dell'importanza della cura dell'ambiente, ricordando quanto lo sviluppo economico porti a dedicarsi sempre più ad attività che la distruggano e all'abbandono dei campi, oltre che alla perdita dei valori culturali del popolo andino che si sta modernizzando in fretta. Poi raccomanda ai giovani che vanno a studiare a Juliaca, di ritornare dalle loro famiglie, di non abbandonare le loro tradizioni di non diventare avidi e accumulare ricchezze per sé dimenticando la solidarietà con gli altri.
Poi abbiamo anche conosciuto il “Turco” un altro fantastico prete, che in realtà è argentino e davvero simpatico, alla mano e molto più dedito alle sue attività culturali e di sostegno dei giovani studenti che non a predicare messe. Così abbiamo anche raccolto un invito a cena in una casa per studentesse da lui gestita e ad una sua lezione universitaria, oltre che a trascorrere una settimana in un centro per adolescenti... Insomma qui si muovono tantissime cose, speriamo davvero di riuscire a farle tutte e dispiace solo non aver iniziato prima, ma funziona sempre così! Bisogna entrare in confidenza con le persone e poi chiedere, fare domande a tutti e scoprire quanto ognuno è e fa oltre a quello che appare al primo istante.
Nel frattempo al comedor continua la vita quotidiana, coi bambini a scuola lavoriamo sempre meglio e io sono davvero presa dai corsi sull'ambiente. La settimana scorsa i bambini di prima hanno scoperto che le nuvole non sono fatte di schiuma o di cotone, bensì di goccioline di acqua, in seconda abbiamo imparato che la carta viene dagli alberi prima di arrivare al negozio, in terza abbiamo discusso del perché l'idea di vendere l'immondizia ad un altro paese può non essere una buona soluzione per disfarsene (e abbiamo per ora scartato la possibilità di inviarla “ad un altro mondo”), infine in quarta abbiamo chiarito che non è lo sporco dei vestiti lavati nel fiume a contaminare l'acqua, bensì il detersivo!
Invece stiamo continuando quello che è diventato un vero e proprio “dopo-scuola” con tanto di ballo, pallavolo, basket, italiano e giochi vari, anche se ancora non sono tantissimi i bambini che si fermano e le mamme della ginnastica non sono molto costanti... 
Oggi per esempio a fare ginnastica erano le bambine, mentre dopo abbiamo tirato fuori palle e corda e due mamme si sono lanciate nei giochi! Speriamo si aggiungano altri bambini di Caracoto, oltre a quelli della scuola così a conoscerli e inserirci sempre più in paese, già adesso è bello che tutti per strada ci salutano e ci sorridono, insomma la sensazione di estraneità camminando per strada sta un po' sparendo, anche se ancora succede che un bimbo si incanti a fissarci, però sempre meno spaventati. Stiamo diventando caracotegne!


Silvia

lunedì 27 maggio 2013

La musica andina

Parlare di Musica Andina corrisponde ad una vasta gamma di generi musicali originari appunto dell'Altipiano Andino, che coincide in linea generale con l'area abitati dagli Inca prima della colonizzazione europea (in particolare spagnola). 


La varieta' di musica andina Quechua e' molto importante per quanto riguarda festivita' religiose, come le Feste de Las Cruces, oppure le messe in onore di un Santo (come ad esempio la messa a cui abbiamo partecipato in onore di San Isidro, protettore delle Mucche. 

(Qui di seguito il video)
Inoltre, in tutte le feste la musica assume un ruolo importante: come canalizzatore di energie, alcolici, balli e canti. E' una musica vivace, che trascina, che parla d'amore e di sofferenze.
Di seguito alcuni link, per farsi un'idea. 

Valeria

Pata Amarilla_ Alejate sinfonico


Yarita Lizeth_ Mis Ojitos te Lloran




martedì 21 maggio 2013

Iniziano i laboratori...


Dalla settimana scorsa non mi posso più lamentare di non avere abbastanza da fare: dopo le feste di inizio maggio, che abbiamo scoperto essere il mese “de las cruces” e quindi in realtà ci sono feste tutti i fine settimana; dopo la festa della mamma, che è un evento importantissimo e dopo essere rientrate a Caracoto io e Valeria abbiamo deciso di darci da fare per incrementare le attività con i bambini. Io ho iniziato i laboratori di educazione ambientale, mentre Valeria ha ripreso la ginnastica con le mamme e alcune delle ragazzine più grandi, senza ovviamente tralasciare il corso di italiano.

Non avendo coordinato prima di iniziare molto altro oltre all'orario con le professoresse che mi hanno lasciato completamente carta bianca, ed essendo l'idea dei “talleres sobre medioambiente” originata da Rosìo, sto improvvisando molto, di settimana in settimana, differenziando il lavoro per classe e puntando molto su di una metodologia attiva. Infatti mi son da subito resa conto che quasi tutte le classi delle elementari sanno già molto sull'ambiente, ma nonostante ciò fuori dalla classe i loro comportamenti non sono esattamente di bambini “consapevoli”. Mi sono accorta che molte cose le hanno imparate a memoria, ma poi non le applicano nella vita quotidiana che penso sia spesso il problema principale. Allora mi sto ponendo il problema di come far sì che quello che imparano non siano semplici regolette, ma che si trasformino davvero in comportamenti reali. Per questo sto cercando, fin da subito, di scansare le loro risposte pronte, destabilizzandoli un poco e cercando di stimolarli realmente a ragionare autonomamente, questo è bellissimo quando avviene, tutte le cose che hanno da dire e l'entusiasmo che ci mettono tutti!  Abbiamo così fatto un brainstorming su cos'è il medioambiente, abbiamo disegnato storie di come gli uomini danneggiano la natura e abbiamo analizzato come tutto ciò si ripercuote sull'uomo e quando idee hanno tirato fuori! 



















Devo dire che infatti ci sono moltissimi problemi ambientali qui in Perù e manca veramente tanto una maggiore cura dell'ambiente, soprattutto con la crescita economica che si sta realizzando...
Con Valeria abbiamo anche iniziato a lavorare su questi temi anche con i bimbi dell'ultimo anno d'asilo che devo dire sono veramente in gamba!
Questi sono alcuni disegni della natura, in cui abbiamo imparato a distinguere tra ciò che fa parte dell'ambiente naturale e cosa invece deriva dalla costruzione dell'uomo...
















Invece dopo l'uscita da scuola alle 3, mentre Valeria fa la ginnastica io ho pensato di poter fare alcuni giochi, pensando inizialmente ai figli delle donne che fanno la ginnastica, ma poi estendendo anche a bambini del paese che vogliano unirsi. Per questo abbiamo iniziato a mettere un paio di avvisi fuori dalla scuola e dal comedor, ma poi dovremmo aggiungerne anche in altri posti del paese, come fuori dal comune o alla parrocchia o alla “posta medica”, in modo da coinvolgere più persone possibile.
Per ora abbiamo iniziato, anche se siamo ancora in pochi! Vorrei provare a fare qualche gioco cooperativo, così da stimolarli ad essere meno aggressivi e competitivi e magari andando avanti introdurre qualcos'altro, vedremo come procede...

Ovviamente nel mentre continuano tutte le attività del comedor e in cucina, dove ormai ci sentiamo veramente indispensabili, a partire dalla colazione la mattina...


















Alla preparazione del pranzo


















Fino al pranzo in sé


















Insomma non ci si annoia più!

Silvia


mercoledì 15 maggio 2013

Le messe al campo con Padre Manuel

Sia il giorno 8 maggio che stamani mattina ho avuto il piacere di accompagnare Padre Manuel a celebrare la messa per la comunita' locale al campo. La scorsa volta a Tuthuaca, stavolta in occasione di San Isidro Labrador, l'Agricoltore, e a quanto pare anche protettore delle mucche (che dovevano essere presenti alla cerimonia, ma dice siano diventate troppo "delicate" per risalire in cima alla collina).



Al di la' dei miei sentimenti religiosi personali, era molto tempo che non partecipavo ad una messa; non ricordo l'ultima (tralasciando, forse, qualche matrimonio) ma sono sicura che fosse in Italia. Una tipica messa italiana. Ecco, sono rimasta affascinata (e' dir poco) da come Padre Manuel sia riuscito a lasciarmi senza parole, felice di prendere parte all'evento, e soprattutto, estasiata dalle sue parole e dal suo modo di fare messa. Gia' sapevo che, soprattutto nelle comunita' indigene in America Latina, la religione (e quindi la messa) e' vissuta molto diversamente da come la intendiamo noi in Occidente: e' piu' comunitaria, piu' pagana, piu', se vogliamo (passatemi il termine) umana.

Ne ho avuto la conferma quando, la scorsa volta, arrivati al campo, ho scoperto che la chiesa della comunita' altro non era che una piccola stanzetta spoglia, fornita solo di banchi di scuola (funge appunto da edificio scolastico, tra gli altre funzioni) e un tavolo, e con delle colorate immagini religiose appese ai muri. Il Padre si e' vestito e poi seduto sullo scalino, accanto ai bambini. E ha cominciato a parlare, ma soprattutto, a fare domande. Ha chiesto ai bambini delle mansioni principali svolte dai loro padri e madri, sottolineando poi che le donne hanno un ruolo fondamentale all'interno della societa' peruana (aggiungo io che, soprattutto in aree rurali, la forza lavoro femminile in alcuni settori, come nell'agricoltura, arriva a coprirne il 70%).

In seguito, ha chiesto di ringraziare, pregando, tutti i fratelli e sorelle, uomini e donne che quotidianamente lavorano per le proprie famiglie e per il proprio paese.
Ha poi parlato del nuovo Papa, il primo sudamericano (argentino) e del fatto che sembra essere un Papa buono, dalla parte degli oppressi. Difatti il suo primo discorso ufficiale verteva proprio sul fatto di ridare la Chiesa nelle mani dei poveri. Mai come oggi, il discorso sembrava proprio appropriato, trovandosi in cima ad una collina con una sola croce ad ergersi sul paesaggio circostante in funzione di Chiesa, con una comunità di campesinos immersi di una religiosita' pura. Per celebrare la festa, i muchachos del campo si erano agghindati con vesti tipiche, suonando flauti. Devo ammettere che e' stato molto emozionante.


Poi il Padre ha parlato dell'importanza di mantenere le proprie tradizioni: perche' se e' importante studiare, viaggiare, muoversi, conoscere, lo e' altrettanto saper utilizzare le proprie conoscenze per migliorare il luogo dove si e' nati. Soprattutto nel caso dei campesinos andini, che stanno lentamente venendo espropriati delle proprie terre e delle proprie tradizioni: "cholitos che se creen gringos". 
 

Come diceva Padre Manuel, Dio e' morto ma resuscitato, e proprio per questo e' possibile trovarlo negli uomini e nelle cose attorno a noi, nella quotidianita' e nella umanita' terrena. E a guardarsi intorno, non si puo' non sviluppare un qualche tipo di fede. E se non in Dio, quantomeno nel genere umano.

Valeria