giovedì 4 giugno 2015

Le stelle di Caracoto, le porte di Ayaviri e il tramonto di Sillustani

A volte arrivano momenti in cui è necessario staccare dalla quotidianità, per quanto essa possa essere poco “quotidiana” e molto “straordinaria”… Bene, questo momento è arrivato anche per me, che un piao di settimane fa mi sono presa qualche giorno per andare in visita ad un progetto di Economia Solidale e fare un pochino la turista.

La sera prima di partire ho passato parecchio tempo ad osservare le stelle. Sono incredibili, qui, le stelle… Oserei quasi dire una delle cose più belle di questo posto sperso tra le montagne. Sono grandi, come non le ho mai viste in vita mia. Le poche luci, la vicinanza al cielo, il silenzio interrotto solo dalla musica e dalle grida provenienti dalle botteghe – unici spazi di aggregazione a disposizione della comunità caracoteña… Il tutto rende l’atmosfera strana, diversa, quasi incantata. E ci si perde per ore guardando il cielo, pensando all’incredibile esperienza e alle intense emozioni vissute giorno per giorno.

Quella notte sono andata a dormire tranquilla e contenta di scoprire altre realtà solidali presenti nel Surandino. Sono arrivata ad Ayaviri in tarda mattinata, accolta da Vanni (il coordinatore di progetto) e dalla piccola Laila, ed ho trovato davanti a me una cittadina che, nonostante disti solamente un’ora da Juliaca, mi è parsa piuttosto diversa da ciò che avevo visto fino a quel momento. Il Consiglio Municipale, eletto da poco, ha fatto in modo di riordinare alcune parti della città, aprendo un mercato centrale, sistemando le due piazze principali, pulendo le strade. Un posto ordinato e tranquillo, in cui ho respirato un’aria di interessante cambiamento. 





Il progetto che ho visitato si chiama Sumaq Llankay (tradotto dal quechua come “buon lavoro”) e viene portato avanti da una serie di ONG, tra cui la italiana Progettomondo MLAL e la peruana CEPAS Puno, allo scopo di rafforzare le capacità di alcune cooperative locali che producono formaggi e oggetti d’artigianato. Le donne, per quanto non ne siano le uniche beneficiarie, sono spesso le grandi protagoniste di questo processo di empoderamiento[1], vissuto non solo dal punto di vista produttivo ed economico, ma anche organizzativo, relazionale ed umano. All’interno delle cooperative che fanno parte del progetto le decisione su cosa, come, perché e quanto produrre vengono prese insieme, valorando la presenza e l’opinione di tutti i soci e le socie. L’economia messa in moto, dunque, è solidale non solo nelle fasi di ricerca delle materie prime, produzione e vendita, ma anche – e questa credo sia la sua vera forza – nella pianificazione del lavoro, nei processi decisionali, nel garantire a donne e uomini le stesse possibilità lavorative e scardinando quelle dinamiche di potere che spesso tagliano fuori il sesso femminile.

Tutto questo mi è stato mostrato da Vanni e dai suoi collaboratori e collaboratrici, che mi hanno anche istruita sui rituali inca per sacar el susto (far passare uno spavento) e allontanare i karisiri, spiritelli cattivi che assumono svariate sembianze per aggredire gli esseri umani togliendo loro il grasso, ovvero la vita. E’ stato lo stesso Vanni, inoltre, a farmi scoprire una delle cose più interessanti di Ayaviri: le sue porte. Un parte della città, infatti, porta ancora evidenti segni del periodo coloniale: all’interno delle stradine sterrate, circondata da vecchie mansioni, ora per lo più abbandonate, mi sembrava quasi di respirare la stessa aria dei personaggi dei romanzi di Isabel Allende. Di quel periodo, affasciante e tormentoso al tempo stesso, restano soprattutto porte antiche anche più di cent’anni, testimoni silenziose di molti avvenimenti passati e presenti.



Con Vanni ho passato tre giorni di interessanti conversazioni, miste a birra, mista a risate. Suonerà comico, ma solo chi si trova in una realtà così differente dalla propria può capire la bellezza di parlare la variante moderna di italiano e spagnolo (un itagnolo, insomma), analizzando il contesto locale, le sue forme, i suoi colori, i suoi perché.
E’ così che ho capito che quest’esperienza la porterò sempre con me. Ayaviri mi è servita per ritornare più cosciente di quali sono le difficoltà di tutti i giorni e quali di una vita, di quali devo imputare alla realtà in cui mi trovo e quali a me stessa. Mi è servita per dare importanza alle piccole cose, ai piccoli gesti di fiducia dovuti ad un cancacho[2] regalato ed alla presenza di chi mi circonda e agli stimoli che mi può dare.

Pochi giorni dopo il mio rientro, in tutto il Surandino è stata organizzata una protesta di due giorni a sostegno della lotta che molte persone stanno portando avanti nella regione di Arequipa (a poche ore da qui) contro un progetto di miniera denominato “Tía Maria”. Universitar*, minatori e membri della comunità stanno scendendo in varie piazze della regione per dire no ad una costruzione che pare contravvenga gli standard minimi di protezione dell’ambiente a causa dell’emissione di polveri.

Ho approfittato di uno di questi due giorni per andare a vedere Sillustani, un percorso archeologico alla ricerca di alcune tombe inca sparse tra le montagne ed un bellissimo lago. Assurdo, eppure la prima cosa che ho notato una volta arrivata lì è stata l’enorme quantità di facce bianche: inglesi, statunitensi, francesi… Ma dove cavolo si mettono tutt* st* turisti?! Un mese senza vederne nemmeno uno e poi, all’improvviso, puuuf… Eccoti di nuovo in Europa!

Lasciato da parte lo stupore, mi sono persa di nuovo in questo paesaggio meraviglioso che non finirà mai di emozionarmi. Un po’ come quell’arcobaleno inaspettato che è spuntato attraverso il finestrino del piccolo autobus che mi riportava da Ayaviri a Caracoto, facendomi sorridere come solo un arcobaleno tra le Ande potrebbe fare, o come i colori che assume il cielo surandino durante il tramonto. 




"Non abbandonare mai i tuoi sogni, continua a dormire"

Aurora



[1] Dall’inglese empowerment, ovvero presa di coscienza e rafforzamento delle proprie conoscenze e capacità al fine di migliorare le proprie condizioni personali.
[2] Piatto tipico di Ayaviri, si tratta di agnello al forno con papate e aji (una salsa piccante).


Nessun commento:

Posta un commento