lunedì 8 aprile 2013

Juliaca: i trasporti e il suo mercato

Venerdi io e Yuri abbiamo accompagnato Rocio e Johny a fare il giro dei mercati di Juliaca, per fare la spesa per El Comedor. La mattinata non e' stata facile: abbiamo girato per delle ore sotto il sole, passando dal mercato della frutta, alla verdura, alla carne, al mercado Santa Barbara, al pollaio, con una velocita' spiazzante. Ci ha salvato un Jugo de Ananas da una campesina lungo la via e soprattutto, il perdersi nella citta', nel suo ritmo frenetico, nel suo essere l'emblema dell'America Latina piu' calda, polverosa, caotica, piu' vera, e probabilmente, piu' povera.




Viaggiare in Peru' e' un'impresa: innanzi tutto, non ci sono fermate dell'autobus. Le persone aspettano pazienti ai bordi delle strade, fermando il primo taxi, colectivo o combi che si presenta sulla via. Sperando che non sia pieno, o che sia disposto a farci salire. Perche' lo spazio, all'interno di questi veicoli, viene occupato fino all'eccesso, lasciando numerose persone sottovuoto in pochi metri quadri.
Inoltre, non esistono stop o precedenze. L'unica regola e' immettersi nel traffico suonando il clacson: chi prima suona, ha la precedenza, che viene silenziosamente rispettata dall'altro conducente senza sguardi di sfida o parolacce tirate dietro sul finale, come potrebbe capitare in Italia. 



Capitare nell'ora di punta, come e' capitato a noi, puo' togliere il fiato: si viene circondati da taxi abusivi e non, motociclette e veicoli di vario tipo, cosparsi di materiale umano quali: campesinos, donne con borse colorate e cappello di paglia, donne con cappello, borsa e figlio annesso, uomini con occhiali da sole, uomini con foglie di coca, donne che masticano foglie di coca, donne ai bordi delle strade che vendono pannocchie, vendono patate, spingono il carretto, dormono con foglie di coca in testa, masticano nervosamente fissando il vuoto, chi grida "Puno! Arequipa!", bambini che vendono alimenti simili a ghiaccioli, il tutto sormontato dal suono dei clacson, la musica peruana ma soprattutto, musica pop-commerciale tamarra occidentale, l'odore di spezie, lana, carne appena tagliata e sangue, gomma bruciata, teste di agnello esposte all'entrata del mercato, sporcizia, polvere, polvere negli occhi, nel naso, in bocca, sole cocente e asfalto bruciato, taxi che richiedono la protezione della Virgen de Copacabana. La sensazione che si ha e' proprio quella di essere piombati in un'altra dimensione, circondati da venditori ambulanti di qualunque cosa: frutta e verdura, pannocchie, spezie, barroccetti di patas rellenas, teste di vitello in fila indiana, coltelli, cellulari, vestiti, cappelli, pantaloni, per bambini adulti vecchi, vestiti tipici, europei, per escursionisti, cancelleria, pulcini, polveri coloranti per alpaca, cibi cotti al volo, spezie, polveri per colorare l'alpaca. Juliaca racchiude in se' tutte le contraddizioni dell'America Latina, in tutta la sua unicita'. E un pueblo con una profonda dignita' silenziosa.


A presto, Valeria

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